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‘Resistenza’

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Maurizio Biosa, milanese, ha maturato molte esperienze di studio, professionali e di vita sociale. Negli anni novanta ha lavorato come educatore in diversi Centri di aggregazione e dal 1991 al 2002 è stato prima allievo e poi attore della famosa Compagnia QuellidiGrock.
Fotografo freelance, promotore e portavoce del Forum Europeo del Teatro fino al FSE di Londra 2004, Biosa è stato co-fondatore e attore (con la Compagnia Figure Capovolte) del gruppo di ricerca e produzione teatrale Memoria del Presente.
In ambito giornalistico ha collaborato con AGR (agenzia radio-giornalistica) e con la redazione di Box Office Italia.
Nel 2011 si laurea in Programmazione dei Servizi e delle Politiche Sociali alla Facoltà di Sociologia presso l’Università Bicocca di Milano: le sue aree di intervento sono l’interazione interculturale, la mediazione dei conflitti sociali, la mutualità di territorio, il sostegno alla patologia e alla fragilità e la riduzione del disagio sociale.
Educatore professionale per la Comunità MizarCoop.va Filo di Arianna (Responsabile del servizio per la Rete Territoriale), Responsabile dell’Area notturna della Comunità di doppia diagnosi Alisei per CeAS – Centro Ambrosiano di Solidarietà, agente del cambiamento per i diritti sociali e specialista esperto della relazione educativa in contesti complessi o problematici, il suo percorso si allarga alla ricerca antropologica fino ad arrivare alle esperienze di auto mutuo aiuto dedicate al lavoro ed alle attivazioni di progetti sul territorio.
Dall’autunno del 2017 è tra i soci fondatori di Radio NoLo aps.
Sensibile allo sviluppo e alla progettazione “aperta” di reti territoriali di comunità, così come alla facilitazione, alla generazione e valorizzazione delle espressioni artistiche, culturali ed antropologiche già presenti sul campo, ha maturato anche esperienze nelle banlieues parigine ed in terra di Palestina, Gerusalemme Est (Shu’fat camp).
E oggi?Oggi affronto come il resto dell’umanità questa ‘fase pandemica’ e il fantasma della Terza Guerra Mondiale. Ma ci sono, viandante. Nessuno resti indietro. Restiamo umani e pace sulla Guerra all’Ucraina.”

courtesy by Virginia Cabras alias ALAGON @alagooon

L’Europa in apparente ripresa dalla Pandemia che ha colpito tutto il mondo è sprofondata dalla durezza dell’aspirante Zar Vladimir Putin.
Da giorni vivo con grande preoccupazione gli eventi.
Da giorni cortocircuito nel confronto con il reale. Come sotto assedio.
Non riesco a prendere le distanze da quanto è accaduto al popolo Ucraino.
Sono anche io in balia dell’”operazione militare speciale” voluta dal leader del Cremlino.
Si sostiene da lustri che la prima vittima in una guerra sia la Verità.

Una Ucraina, ‘amica e smilitarizzata’ è quella che qualche ora fa il Ministro della Difesa Lavrov ha ‘proiettato come un film’ con le sue parole, davanti ai giornalisti del mondo durante la Conferenza Stampa, al termine dell’incontro odierno col suo omonimo ucraino Kuleba, ad Antalya in Turchia.
Non invasa ma voluta e sostenuta per liberarla e restituirla alla storia della grande madre
Russia. Definitivamente denazificata e liberata dai tossicodipendenti e pure dai gay.
Ma da oggi anche per difesa dagli attacchi degli Stai Uniti…

Io non credo alla Verità.
La guerra è sempre, prima di ogni cosa, una catastrofe per i popoli.
Questa guerra, arrivata al suo 15° giorno, è al momento capace di stravolgere l’esistenza di milioni di persone tra cui almeno 2.500.000 tra donne, anziani e bambini, già rifugiati all’estero.
A detta di molti, la Resistenza del popolo Ucraìno e la imprevedibilità dei piani militari di Mosca potranno fare aumentare il numero di chi sarà costretto ad ‘andarsene’ dalla propria casa, o come la più parte, a lasciare il suo Paese.
I rifugi di fortuna, i tunnel della metropolitana di Kiev.
Bersagliati in tutto il paese dal nemico. Anche se oggi per loro è andata un poco meglio. Meno fuoco su di loro.

La Russia da giorni ha ‘aperto le sue braccia’ per accogliere con corridoi umanitari diretti ai propri confini le persone in fuga. Ma di fatto le scelte ed i modi di condurre l’Operazione da parte di Putin e dei suoi sottoposti, stanno spingendo chi scappa verso il confine Polacco, Moldavo e comunque verso un ‘ovest’, ambito e desiderato prima (l’agognato ingresso nell’UE), ed ora diventato la meta di una disperante fuga dalle proprie radici.

Verso l’Occidente, comunque… Senza “usare” le immagini che hanno fatto il giro del mondo nell’ultima settimana è il buon senso a proporre perché questo stia accadendo.
Il buon senso e… le fosse comuni dell’ormai trucidata Mariupol.
La scelta coraggiosa del Premier ebreo
Zelensky e con lui di un popolo fiero a votarsi alla Resistenza dell’Ucraìna, fa il paio con questa invasione Russa. Anacronistica, quanto disorganizzata, medioevale nella strategia della sua condotta, folle perché verso il cuore e il futuro di un intero continente. Rifiutata e condannata dalla più parte dei Paesi aderenti a ciò che resta dell’ONU. Dall’Europa tutta. Messa in difficoltà dalla coalizione delle sanzioni e degli aiuti economici e militari all’Ucraina.

Resta per chi scrive l’obbligo di spiegare quale sia la frustrazione nel ‘vivere’ più che mai in questi giorni spaventosi quest’occidente. Contraddittorio e bollato, nella contemporaneità, dalla ‘esportazione della democrazia’ e dalla vertiginosa fuga dall’Afghanistan.
Pronto a muovere eserciti per i propri interessi economici ma ridotto alle ‘sanzioni’ davanti alla pericolosa evoluzione verso un ipotetico nuovo Conflitto Mondiale che sarebbe probabilmente non più lungo di un’ora… Così come incapace di promuovere una campagna vaccinale mondiale per affrontare la pandemia. Ma a un tempo solo come uno di un popolo così radicalmente affezionato alla propria libertà.

Alla parola Libertà, a ciò che attualmente rappresenta tengo molto. Intimamente, nell’anima.
Ho ereditato questo radicamento dalla Resistenza nel mio Paese al Nazifascismo.
Dalla straordinaria vitalità di persone come
Liliana Segre e dalla figura intellettuale, poetica e politica di Pier Paolo Pasolini.
Dalla morte di
Fausto Tinelli e Lorenzo (Iaio) Iannucci.
Dal diritto all’autodeterminazione dei popoli, da quello Curdo a quella avversa a quello dei Palestinesi.
Dalla devastazione di intere culture, antiche come quella Mesopotamica in Iraq e dall’annientamento della fresca rivolta dei giovani di Hong Kong così come fu degli studenti di Piazza Tienanmen.
Dall’ipocrisia della ‘guerra umanitaria’ dei Balcani e da quella delle comfort-zones in cui in molti siamo troppo spesso barricati e da cui altri stanno fabbricando anche su questa “guerra” delle fake news. In qualche immorale modo per renderla plausibile.

Ed ecco che dopo tutto questo tempo, il sentimento dell’assedio nell’anima diventa di giorno in giorno insopportabile. Per non riuscire a sostenere altrimenti quelle donne, quegli anziani, quei bambini, inerti e in fuga davanti alla guerra di Putin.
In un momento in cui alla libertà siamo un po’ tutti disabituati, fuori sincrono, disumanizzati dal distanziamento pandemico come dalla paura dell’altro.
Legati solo dal timore del contagio e dalla speranza che si possa tornare a finalmente a “vivere”… Così come, fino a solo tre settimane fa, facevano le donne e gli uomini. Gli anziani e i giovani, l’infanzia in Ucraìna… Sorelle e fratelli. Come chi in Russia ora rischia la prigione (fino a 15 anni) se dice che questa è una guerra o manifesta per la fine delle ostilità.

Spero che questo incubo finisca presto, anche se probabilmente rischia di cambiare gli equilibri di un mondo che aveva più urgenza di far fronte unito contro la Pandemia e i cambiamenti climatici e non aveva certo necessità di un conflitto tanto pericoloso, le cui ferite mortali resteranno per lustri nelle memorie… Così come Putin, il nuovo “Zar”, internazionalmente riconosciuto come criminale di “guerra”.

Cessate il fuoco e… tornate a casa, tutti.
Perché i bambini devono poter tornare a giocare a Maidan*.

Milano 10 Marzo 2022.

*Maidan in ucraìno vuol dire Piazza. E’ così chiamata la Piazza principale di Kiev, Capitale dello Stato libero di Ucraìna.

foto @ https://thevision.com

Di Sandro Pertini restano alcune immagini indimenticabili, consegnate alla memoria da spezzoni televisivi.
Sono immagini che hanno scandito alcuni degli avvenimenti della storia italiana, come, per esempio, la strage alla stazione di Bologna o la vittoria dei Mondiali di calcio nel 1982.
In tutti quegli avvenimenti Pertini era presente sia nel suo ruolo istituzionale sia con la sua carica di grande umanità, con la sua storia che veniva da lontano, dalla guerra partigiana e dalla prigionia sotto il fascismo.
Era una figura che gli italiani sentivano vicina.
Divenne una sorta di nonno per i bambini e una vera e propria icona Pop.

PAZ, il geniale e visionario artista Andrea Pazienza vedeva in Pertini l’ultimo esemplare di una razza di uomini duri ma puri come bambini“, una luce nella notte di una prima Repubblica compromessa dalla corruzione e dal malaffare.
Con profonda ammirazione e complicità affettuosa lo trasformò in fumetto, dedicandogli storie, sketch umoristici, tavole e tantissimi disegni.
Un campionario vastissimo e prezioso, che si estende dal 1978 al 1987, e che vede persino il luogosergente Paz fare da spalla al temibilissimo Pert in imprese in nome della libertà e della giustizia.
Testimonianza di come Pertini fosse uno dei personaggi principali nell’immaginario dell’artista.
Pertini ebbe sempre un rapporto divertito con la satira che lo prendeva di mira, tanto da avere una collezione di tutte le sue caricature e invitare al Quirinale i vari autori, da Tullio Pericoli alla redazione del “Canard enchainé”.

Dalla mostra «Paz e Pert» a Roma al Palazzo Incontro
(2010 Fandango Libri S.r.l. Copyright Mariella e Michele Pazienza)

Nella sua figura, come mai prima di allora e come mai sarebbe accaduto dopo, un’intera nazione si riconosceva e riconosceva i valori ‘puliti’ della politica e ciò che la politica dovrebbe rappresentare nella sua accezione più alta: solidarietà, vicinanza e attenzione alle persone.

Ricordare Pertini, raccontarne la storia, ha senso non solo perchè ci consente di ripercorrere la storia di un italiano che attraversa il Novecento con piglio energico e picaresco, ma perchè ci permette anche di fare un punto su noi stessi, su come eravamo e su ciò che siamo diventati.
Ci restituisce l’idea che possa esistere una politica in grado di tracciare la linea di un’etica civile e solidale, capace di guidare una società dialogante, aperta e più conciliante.

Ph. Donatella Lavizzari

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Realizzare uno spettacolo biografico non è mai facile perchè si rischia di cadere nel didascalismo o, ancor peggio, nell’agiografia. Soprattutto quando si vuole affrontare una figura come quella di Sandro Pertini, che si staglia come un gigante nella memoria e nell’immaginario collettivo, capace di rassicurare un’intera nazione durante gli anni difficili, a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta.

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Nicola Bonazzi, Andrea Santonastaso e Christian Poli hanno accolto questa grande sfida.
SANDRO è senza dubbio alcuno, un’opera teatrale che dipinge al meglio la figura del ‘primo impiegato italiano’, ‘del politico mai Ministro‘, come lui stesso amava definirsi.
Nelle parole di Poli e Bonazzi (SANDRO è scritto da Christian Poli, con inserti drammaturgici e regia di Nicola Bonazzi) e attraverso la voce e la forte presenza scenica di Andrea Santonastaso, prende vita quel piccolo grande uomo che mai si è piegato.

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Con un monologo, viene raccontato il carismatico Presidente e, al tempo stesso, l’uomo perseguitato, il partigiano, il combattente per la libertà e l’uguaglianza.
Una voce politica in grado di dire cose spesso scomode (come per es. i rischi di un fascismo sempre incombente), dette in virtù di una vita passata per 13 anni in reclusione e in confino, a causa della lotta serrata contro la dittatura.
SANDRO è uno spettacolo a ‘tesi’ perchè prova a ricordarci che sono esistite persone che hanno combattuto per i propri ideali, fino a pagarne conseguenze molto gravi.

Ph. Donatella Lavizzari

Pertini Alessandro, del fu Alberto e di Muzio Maria, avvocato, socialista, fu confinato politico nell’isola di Ventotene.
Qui di seguito, voglio riportare uno stralcio di un suo racconto, pubblicato in Italia, il terzo volume della Geografia di Enzo Biagi.

Domenica 25 luglio: una serata come tutte le altre. Quando la radio diede il comunicato ci avevano già rinchiusi nel camerone.
Eravamo più di settecento, nella stragrande maggioranza comunisti: Longo, Terracini, Scoccimarro, Camilla Ravera, Secchia. Poi c’erano Ernesto Rossi e Riccardo Bauer, del partito d’azione, e anche degli anarchici, gente che veniva dalle prigioni, naturalmente, che aveva fatto la guerra in Spagna, che era stata nei campi di concentramento francesi.

…. Noi laggiù vivevamo secondo regole immutate, che dovevano essere rispettate con rigore: si poteva uscire dagli stanzoni, dove alloggiavano dalle tre alle cinquanta persone, verso le otto del mattino, bisognava rientrare per le otto di sera.
Non si doveva superre un certo limite, appunto, il confino.

Camilla Ravera racconta nelle sue memorie le strade sassose, le siepi gialle dei fichi d’India, il mare grande e azzurro che ci circondava: paesaggi che erano vietati.

….Un giorno il direttore mi mandò a chiamare: ‘Ho una bella notizia per voi. E’ arrivato un telegramma che dispone per la vostra liberazione’.
‘ Grazie’ dissi. ‘Però io non me ne vado finchè qui resta uno solo di noi
.’
Ma Camilla Ravera, che diede sempre prova di una straordinaria forza morale, Terracini e altri, mi convinsero che dovevo partire, per andare a perorare la causa dei detenuti, e così non diedi pace a Senise, Capo della Polizia, e a Ricci, che era agli Interni; li andavo a trovare ogni giorno con Bruno Buozzi. Erano restii, avevano nei confronti dei comunisti paura e odio. Minacciammo uno sciopero generale e l’argomento li convinse.
Quando arrivò l’ultimo di Ventotene, potei andare a trovare mia madre.
Era molto vecchia e mi attendeva. Stava sempre seduta su un muretto che circondava la nostra casa. ‘Che cosa fa signora?’ le domandavano. ‘Aspetto Sandro‘ rispondeva.”

Ph. Donatella Lavizzari

Pertini ha combattuto per i propri ideali, mai asseriti in maniera semplicistica o ingenua, ma sempre dentro l’agone delle idee, con la forza combattiva di chi si oppone ad una visione sopraffattoria della politica.
Per questo motivo, nello spettacolo, la vicenda biografica di Pertini viene contrappuntata da una voce ‘corale’, l’Odiatore, che prova a rappresentare grottescamente questi impulsi violenti, prevaricatori, di cui spesso siamo tutti preda: perchè SANDRO non vuole essere solo il racconto della vita di un uomo, ma prova a rappresentare la possibilità, l’utopia, il desiderio di un’umanità più cordiale e disponibile.
Come cornice, una scenografia essenziale, minimalista, ma caratterizzata da una forte potenza suggestiva e animata dall’alternarsi di buio e luce, e dai bellissimi disegni dello stesso Santonastaso, che vengono, di volta in volta, proiettati sulla quinta scenica.

SANDRO è uno spettacolo che ti entra dentro, ti avvolge in un abbraccio fatto di emozioni, pensieri, sentimenti, riflessioni, … e tu stai lì, immobile.
Ascolti, respiri, chiudi gli occhi… e ti lasci andare in quell’incanto chiamato Teatro.

GRAZIE ad Andrea Santonastaso, Artista Necessario.

https://youtu.be/6uqf8kqy5Mg