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Coerenza: s.f., fedeltà di una persona ai propri principi, conformità costante tra le sue parole e le sue azioni. E’ questa la definizione di coerenza sul vocabolario, un termine a cui collettivamente si dà un significato positivo. Soprattutto se paragonato al suo contrario: l’incoerenza. Nell’immaginario collettivo, la coerenza è una qualità positiva, caratteristica delle persone affidabili, ma anche prevedibili. In alcuni casi, la coerenza può diventare persino un’ossessione, però, una sorta di trappola che non consente di modificare il proprio pensiero per il timore di risultare incoerenti. Per dirla con Oscar Wilde, “la coerenza è l’ultimo rifugio delle persone prive di immaginazione”. Ecco, quindi, che la coerenza appare come un concetto ampio e fluido, che segue inevitabilmente l’evoluzione e il cambiamento di ciascuno di noi, sotto l’influenza di esperienze che ti cambiano. L’incoerenza rispetto a un precedente “schema mentale” non è pertanto un dato negativo, quanto il frutto di un percorso di maturazione dell’io. 

Un soggetto difficilmente riuscirà a essere coerente per tutta la sua vita. Ciò in cui credevo a 18 anni, appena finito il liceo, sulle relazioni umane, sull’orientamento politico, non è quello in cui mi identifico oggi. Per questo dovrei essere considerata incoerente? No. Sebbene siano rimasti fissi alcuni punti cardine sul comportamento da adottare relazionandomi con gli altri, l’esperienza e la maturità mi hanno insegnato a ponderare bene le scelte, a reagire meno d’impulso e più con la testa per non essere fagocitata in un mare di squali. Tenendo, però, a mente il principio di non essere uno squalo. In questo caso specifico, la coerenza è strettamente legata al concetto di morale. Un discorso analogo sulla coerenza degli ideali può essere fatto sulle scelte politiche, che possono essere modificate a volte per la deriva del partito politico in cui ci si identificava e/o per un mutato scenario della società e dei fatti storici. In definitiva, la coerenza a tutti i costi o un cambio di idee altalenante sono degli estremi da evitare, nel limite del possibile, ma non cambiare idea è innaturale. Come dicevano i latini “Est modus in rebus” (C’è una misura nelle cose)!

Tra espiazione dei peccati e avvicinamento all’ignoto

Quest’anno il periodo della Quaresima cristiana coincide con il Ramadan, nono mese del calendario lunare dell’Islam, in cui i credenti digiunano dall’alba al tramonto. Quello del digiuno è un rituale che accomuna culture e religioni molto differenti, fin dalla notte dei tempi. Si digiunava nell’antica Grecia prima di consultare gli oracoli, si astengono dal cibo i monaci buddisti per la meditazione e anche le tre grandi religioni monoteiste – Ebraismo, Cristianesimo e Islam – largamente diffuse nel Mediterraneo, prevedono periodi di digiuno. La privazione volontaria del cibo, secondo le tre religioni monoteiste nate in quello che oggi chiamiamo Medio Oriente, rappresenta uno strumento per i fedeli per coltivare la loro spiritualità, e si affianca talvolta ad altre limitazioni e privazioni per una purificazione non solo fisica, ma anche mentale. Una comunanza di rituali religiosi ma anche culturali dei Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum che testimonia un sostrato comune, talvolta dimenticato o non utile all’agenda degli estremismi. 

Nella tradizione cristiana, il digiuno inizia all’indomani del Carnevale e dura 40 giorni, fino alla Pasqua. I 40 giorni della Quaresima ricordano le settimane trascorse da Gesù nel deserto, senza cibo e né acqua, per resistere alle tentazioni del demonio. Si tratta di un periodo di ascesi e di ricerca di Dio, durante il quale il credente sceglie se privarsi di cibo o compiere fioretti e buone azioni. Durante la Quaresima, i cristiani non mangiano la carne il venerdì e digiunano il mercoledì delle Ceneri, ovvero il giorno dopo Carnevale, e il venerdì santo, due giorni prima di Pasqua.

Nell’Ebraismo, il digiuno (ta’anit) ha una valenza penitenziale ed espiatoria. Il giorno per eccellenza del digiuno per gli ebrei è lo Yom Kippur (Giorno dell’espiazione), in cui si espiano i peccati commessi durante l’anno. Lo Yom Kippur cade dieci giorni dopo il Capodanno (Rosh Ha-shanah), normalmente tra settembre e ottobre del calendario gregoriano. I credenti digiunano dal tramonto al calar del sole del giorno seguente, durante il quale non assumono cibo e bevande, acqua inclusa, non hanno rapporti sessuali e seguono le restrizioni abituali dello Shabbat (il giorno di festa che cade dal tramonto del venerdì fino al tramonto del sabato).

Nell’Islam, il digiuno (sawm) coincide con il nono mese lunare del calendario, Ramadan, e rappresenta il periodo in cui, secondo il Corano, il profeta Maometto avrebbe ricevuto la rivelazione del testo sacro da Allah tramite l’arcangelo Gabriele. Il digiuno è uno dei cinque pilastri dell’Islam, ovvero precetti obbligatori per un buon musulmano. Durante il Ramadan, i credenti adulti e in salute digiunano dall’alba al tramonto per tutto il mese. Sono previste esenzioni, in caso di malattia o impossibilità, ma con obbligo di recupero appena si torni in condizioni di normalità. Durante il digiugno non si possono assumere cibi né bevande di alcun genere, sono proibiti anche rapporti sessuali e fumo. Nell’Islam non vi sono propositi espiatori o di pentimento, ma di autocontrollo su desideri fisici ed emozioni.