Archive for the
‘Ottobre 2021’ Category

Lo scorso 12  Ottobre si è commemorata la “scoperta dell’America”. 

Pensiamoci un po’, che c’è di più emblematico di questo evento per dimostrare che la vita è piena di opportunità, che ci possono essere dei colpi di fortuna incredibili e, al tempo stesso, un’incredibile sequenza di imprevisti, di errori e di conseguenze drammatiche?

(Immagine dal Web)

Colombo era un grande navigatore, lo abbiamo studiato a scuola, conosceva benissimo i mari, benissimo le navi, i marinai, le carte geografiche, conosceva benissimo i venti. Aveva studiato, e tanto, così come aveva tanto osservato.

Sapeva benissimo che sulle Canarie soffiavano venti che a 15-30km/h spingono le imbarcazioni verso sud-ovest. I portoghesi quei venti, gli Alisei, li conoscevano bene e, per questo, nel cercare la via verso il sud dell’Africa (e il suo oro, i suoi schiavi) e verso le Indie (e le sue spezie) utilizzavano delle navi piccole, maneggevoli, con tre alberi: due a vele quadre per il vento in poppa e uno a vela triangolare per quando i venti sarebbero stati contro, per il ritorno. Venivano chiamate caravelle.

Cristoforo Colombo lo sapeva e sapeva anche che al Capo di Buona Speranza – il confine tra Oceano Atlantico e Oceano Indiano- i portoghesi ci erano arrivati poco tempo prima ma solo grazie ad una tempesta, per puro caso. 

Lui aveva un’idea diversa in mente: raggiungere le indie navigando verso ovest. Semplicemente dalla parte opposta rispetto a quella seguita dai portoghesi. 

Le chiamava indie, come si diceva in quell’epoca, ma intendeva le province della Cina: una fonte immensa di tesori, di tessuti preziosi, di ceramiche. Molto di più dell’Africa e dell’India. 

Aveva letto, molto attentamente, Il Milione di Marco Polo e aveva studiato gli scritti di Aristotele e di Tolomeo dai quali recuperò le misure della Terra, per preparare “Il Viaggio”. 

Conosceva benissimo l’animo umano: quello dei dotti e dei marinai. Così parlando con i primi all’Università di Salamanca si dice che chiese loro di tenere in equilibrio un uovo sul tavolo e dopo i loro tentativi, per mostrare che a volte ci vogliono idee diverse, sbatté leggermente l’uovo sul tavolo, “piantandolo” lì. Parlando con i marinai invece promise una moneta d’oro a chiunque avesse avvistato terra, così da sopire i primi segnali di impazienza e paura quando il viaggio si stava facendo troppo lungo.

“Il Viaggio” infatti avrebbe dovuto portare a terra in 3 settimane partendo da Palos, sulla costa atlantica della Spagna, per dirigersi verso le Canarie per imbrigliare quegli Alisei – che erano l’asso nella manica di Colombo – per raggiungere quindi le indie. 

Un piano semplice e astuto, proprio come la storia dell’uovo.

Peccato che Tolomeo avesse sbagliato i calcoli e che la Terra fosse ben più grande di quanto pensasse, tanto da aver nascosto per così tanti anni agli Europei un così grande continente, che poi prese il proprio nome da Amerigo Vespucci.

Le opportunità, dicevamo, sono in effetti situazioni che si possono cogliere avendo la capacità e la volontà di superare i propri confini per vedere nuovi spazi, nuove realtà, ed il coraggio di considerare il fatto che si possa manifestare l’imprevisto o che ci si possa imbattere nel fallimento.

Viene in mente un altro navigatore che, prima di Colombo, superò le “Colonne d’Ercole” per spirito di avventura, per seguire la propria curiosità: l’Ulisse. Quest’ultimo solo nella letteratura, tra le rime della Divina Commedia di Dante, mentre Colombo lo fece davvero, rimanendo poi nella Storia.

Ma non è tutto qui.

Quell’opportunità in una terra nuova, frutto di errori di calcolo, portò anche violenze che si abbatterono sui popoli indigeni per la fame di ricchezza dei conquistatori. Un errore di valutazione sull’animo umano. Perché gli uomini che si imbarcarono dopo quel primo viaggio non si accontentarono della moneta d’oro e si trasformarono in predoni che saccheggiavano e uccidevano in nome di un Eldorado su cui favoleggiavano, quando non della religione.

Così il 12 Ottobre non è solamente il “Giorno di Colombo”, il “Columbus’ day” come in America del Nord, o il “Dia de la Raza” e “Día de la Hispanidad” come in Spagna, cioè un giorno per festeggiare l’incontro di culture. In America Latina, si commemorano il “Discovery Day”, il “Pan-American Day” e poi i “Día de la Descolonización”, “Día de la Liberación, de la Identidad y de la Interculturalidad”, “Día del Encuentro de Dos Mundos”, “ Dìa de la resistencia indígena”, “Día del Respeto a la Diversidad Cultural”.

Perché non si può riscrivere la Storia, sarebbe un altro grave errore, ma è giusto conoscerla completamente: quella grande opportunità che fu la scoperta dell’America portò anche disuguaglianze e violenze a chi, per più di 600 anni, fu semplicemente “un vinto”.

Una lunga coda d’estate e la voglia di piccole avventure nel nostro bel territorio laziale: non occorre andare lontano per provare l’eccitazione della scoperta. Mi imbatto per caso in una testa di tufo, isolata nel bosco, posizionata ai piedi di una pianta dai tanti tronchi. Mi domando quale persona particolare, quale creatura di questi luoghi, possa essersi dedicata ad adornare così, una già bellissima e ricca zona fluviale. Già, perché mi trovo a passeggiare in una landa nuova, lungo il ben conosciuto fiume Treja, visitato e goduto da molti romani e non; mi riferisco in questo caso, al tratto in direzione delle sue fonti, ovvero le Cascate di Montegelato, meta di turisti come di fotografi e produzioni cinematografiche varie.
L’esplorazione di questo preciso punto, proprio sotto un enorme costone tufaceo, è invece per me, un’avventura tutta nuova. Siamo nella valle sottostante Civita Castellana: possiamo vedere i resti di un ponte crollato nel 1920 a causa di una devastante piena, nei pressi di un bacino artificiale che forniva l’acqua necessaria per azionare la mola di un mulino. Tre secoli fa proprio qui esisteva una diga, ora soprannominata “Legata”. Ormai il fiume si è riappropriato del suo territorio che ora mostra barlumi del passato mescolati ad elementi artistici del presente. Sì, perché dagli anni ‘80 in poi, lo scultore locale Gildo Cecchini, ha reso questo luogo un suggestivo quanto originale museo all’aperto. Incontro per caso quest’artista, selvatico quanto me, proprio sulle sponde del fiume che ospita le sue opere.

Mi racconta che sia d’inverno che d’estate, si reca sul luogo per sistemare gli argini, tenere pulito dalle erbacce, fare la manutenzione dei vari percorsi, piccoli ponti di legno compresi, che collegano e creano un itinerario da cui poter ammirare le sue creazioni. Gildo, oltre che offrirmi di posare per una sua scultura, mi racconta che questo è un luogo da tanti anni diventato punto di ritrovo e di refrigerio per le persone di Civita Castellana e non solo. Mi racconta che da bambini tanti anni fa, sotto una specifica parete tufacea poco lontana, il fondale argilloso era una grande attrattiva e tutti si ritrovavano a spalmarsi il corpo con la creta. Gildo è cresciuto: in pensione dopo una vita trascorsa nel suo negozio di parrucchiere, rende speciale un luogo ameno e fantastico, prestando la sua arte anche per opere su commissione. Questa la sua pagina Facebook. Quanto a me, prima o poi, mi ritroverò certamente a fare da modella per Gildo Cecchini, le cui mani trasformano il tufo in magia!