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Siamo ormai in piena estate e le vacanze si avvicinano per molti italiani anche se questa è una strana estate, sospesa tra mille incertezze e la mancanza di spensieratezza tipica della voglia di incontrarsi, stare insieme e divertirsi, a causa delle norme sociali e sanitarie dovute alla pandemia in corso e alla crisi economica che incombe pesantemente sul Paese.

Distanze di sicurezza, obbligo di mascherine negli ambienti chiusi, sanificazione dei locali, misurazione della temperatura con termo scanner e la presenza dei dispenser con disinfettanti per le mani, queste le regole base. E ancora,  obbligo di lasciare le proprie generalità nei locali pubblici, divieti di assembramenti, sale da ballo ancora chiuse, concerti e musica live aboliti. Insomma, non proprio una situazione che invita a partire serenamente e con la tipica voglia di vacanze, anche se la rilassatezza, soprattutto tra i giovani e nei luoghi della movida domina con la voglia di dimenticare, o meglio esorcizzare, per cercare di lasciare al più presto alle nostre spalle questa tragedia.

Purtroppo la pandemia ancora c’è, lo vediamo dai numeri e dalle notizie allarmanti che arrivano da tutto il mondo, con oltre 250.000 contagiati al giorno (Stati Uniti, Brasile, Sudafrica, Iran, India, solo per citarne solo alcuni). Anche se in Italia la situazione è clinicamente sotto controllo, il virus continua ad aggirarsi con focolai sparsi un po’ dappertutto sul territorio, in molti casi accesi da casi di “ritorno” come dall’area dei Balcani, dalle comunità del Bangladesh e dai migranti infetti che approdano sulle nostre coste.

La situazione, nonostante l’apparente disinvoltura, è quindi da tenere sotto controllo, e ci fa dire che l’emergenza non è ancora finita e che è necessario prestare la massima attenzione,  rispettando le norme sociali e sanitarie richieste, senza abbassare la guardia. 

Alla mancanza di spensieratezza dovuta alla soppressione della consueta socialità a cui siamo abituati, si unisce inoltre la concreta fonte di preoccupazione dovuta alla crisi economica, alla mancanza di lavoro, ad un futuro dalle incerte prospettive che non invogliano certo ad andare in vacanza, con l’ansia di cosa ci aspetterà dopo l’estate. Mancano inoltre all’appello i turisti tedeschi, russi, spagnoli, cinesi e americani che affollavano le nostre località di vacanza, dando quel tocco di brio e di apparente “dolce vita”, oltre che a garantire i flussi economici alle esangui casse del settore turistico.

Il decreto rilancio del Governo sta provando con i bonus ad incentivare vacanze di “cittadinanza”, almeno per incrementare i consumi interni ma tra mille polemiche, visto che sembra sia a carico delle strutture turistico-ricettive che potranno poi recuperarlo come credito d’imposta, quindi disconosciuto da molti albergatori che non vogliono fare da “banca” ai potenziali turisti.

Insomma, più attuale che mai la splendida canzone di Battiato del 1981 “Summer on a solitary beach” che rievoca la sensazione sospesa di portarci con un tappeto volante in qualsiasi luogo, che è la cifra di quest’estate metafisica ammorbata dal Covid-19 e dalla crisi forse di un’intera epoca.

Abbiamo già detto che potrebbe essere l’occasione per ripensare i nostri modelli sociali e di vita, comprese le nostre vacanze. Alle follie estive, ai Papeete, alle discoteche, alle varie Capannine, ai viaggi da mille e una notte (molti in realtà erano già residui archeologici di un passato oramai tramontato, indice della perdita di “innocenza” della post-modernità), possiamo sostituire un turismo più riflessivo, più rispettoso del territorio, meno consumistico e più vero, che ci faccia recuperare la nostra dimensione personale e vivere quella collettiva in una dimensione più profonda anche se “distanziata”, che ci consenta di recuperare quelle energie, quel riposo fisico e mentale, quella serenità, anche con il semplice contatto con la natura e con l’ambiente, che abbiamo visto quanto essere importanti (e mancanti) nel periodo del lock-down

Soprattutto la riscoperta del nostro territorio, dei nostri borghi, anche quelli più remoti e sconosciuti e dei luoghi di cultura, come ad esempio i parchi letterari ed i luoghi della memoria. Ecco, la semplicità, ma il grande valore delle piccole cose perdute e delle relazioni umane vere.  Dunque buone vacanze ai nostri lettori…”on a solitary beach”.

Negli ultimi giorni non è infrequente sentire parlare i mass media o leggere notizie in merito ai pericoli del “deep o del dark web”: termini che, seppur sconosciuti ai più, sono invero ben noti a molti tra i più giovani – spesso minori – attratti dalla navigazione in una rete “profonda”, torbida e fitta di pericoli.

Solo qualche giorno fa, infatti, i Carabinieri di Siena dopo essere riusciti ad accedere – dietro pagamento in criptovalute, ed esattamente di bitcoin – a siti nascosti nel deep web, hanno scoperto l’esistenza di “stanze virtuali” ove gli spettatori, oltre che assistere a violenze sessuali e torture, praticate in diretta, da adulti su minori, potevano anche interagire con gli aguzzini, richiedendo specifiche “sevizie” da applicare a piccolissime vittime.

Tra gli spettatori e i partecipanti, molti erano giovani e adolescenti, che avevano ben pensato di diffondere alcune delle immagini e dei video nelle chat o nei gruppi whatsapp.

Deep web

Vediamo innanzitutto cosa si intende per deep o dark web. Si tratta di parti “nascoste” del web – non indicizzate (basta pensare che i motori di ricerca come Google indicizzano solo 2 miliardi di siti web, cioè meno della metà dei contenuti disponibili, stimati in circa 550 miliardi) – utilizzate sia da soggetti in stati dittatoriali senza libero accesso al web -per reperire o diffondere informazioni spesso censurate o non diffuse al pubblico – che, con sempre maggior frequenza – da organizzazioni criminali per amplificare i propri traffici illeciti, grazie all’anonimato pressochè totale con cui è possibile navigare.  

In queste parti di rete è possibile trovare ad esempio dei “dark market”, cioè veri e propri portali e-commerce dove acquistare (il più delle volte in bitcoin) droghe, armi, killer su commissione, gioielli, oro, film pedopornografici, virus informatici, dati trafugati, credenziali aziendali e bancarie, etc.

A tali contenuti, nel deep web, si accede spesso con un login, mentre nel dark web solo con particolari browser.

Particolarmente allarmante è soprattutto la tipologia delle immagini e del materiale che “venditori e acquirenti” si scambiano in particolari forum: si tratta spesso delle cd immagini “gore”, ovvero video/foto raffiguranti suicidi, mutilazioni, squartamenti e decapitazioni di persone, in qualche caso di animali, violenze sessuali, atti pedo-pornografici (etc) condivise dietro pagamento o per il solo gusto di guardarle. 

Foto che, come è successo per i due diciassettenni scoperti dai Carabinieri di Siena finivano poi nelle chat e nei gruppi whatsapp e telegram, con le ovvie conseguenze che tale diffusione può portare. 

Come è facile intuire si tratta di un mondo pericoloso, dove è possibile acquistare di tutto e incontrare chiunque: problematiche queste che toccano da vicino moltissime famiglie chiamate a monitorare (talvolta senza sapere cosa o come) i propri figli sempre più abili a navigare e ad accedere a realtà pericolose e da cui è difficile difendersi o uscirne.

Il rischio maggiore è che incauti adolescenti o minori, attratti dal “proibito” o spinti dalla curiosità di conoscere realtà poco note ai più – di cui potersi vantare con gli amici -, finiscano invece per incappare in giri di pedo-pornografia; per essere adescati o ricattati a seguito della condivisione di determinati video/foto; convinti ad acquistare sostanze stupefacenti, o ancora, ad accettare sfide al limite della vita. Senza contare che non è per nulla difficile che tali ragazzi, oltre che vittima di determinati reati, possano a loro volta diventarne ignari autori.

E’ importante dunque che i genitori, ma tutti i formatori in genere, si aggiornino su certe tematiche, per poter fare una prevenzione reale, così da poter monitorare davvero la navigazione in rete dei propri figli o dei propri studenti, mettendoli in guardia dalle insidie di strumenti tutt’altro che virtuali, ma anzi in grado di fagocitarli e stritolarli.