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In tema di maltrattamenti in famiglia, la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che è applicabile la pena accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale, prevista dall’art. 34 c.2 c.p., anche quando le condotte di reato, sono dirette verso l’altro, siano indirettamente rivolte contro i figli minori, costringendoli ad assistere, secondo ll’art. 61, comma primo, n. 11-quinquies c.p., ad atti di violenza e sopraffazione che sono destinati ad avere inevitabili conseguenze sulla loro crescita ed evoluzione psico-fisica.
Nel caso di cui si è occupata la Corte, i minori avevano assistito alle violenze, tant’è che alcune volte le forze dell’ordine erano state allertate dagli stessi minori.

Lo ha stabilito appunto  la Corte di Cassazione, Sezione V Penale, con la sentenza del 3 dicembre 2020, n. 34504, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato la decisione della Corte d’ Appello di Roma.
La pronuncia di legittimità in esame ha avuto origine dal fatto che la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Latina emessa nel 2019 all’esito di giudizio abbreviato, aveva ridotto la pena nei confronti di X per i reati di maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona e lesioni aggravate ai danni della moglie Z , e aveva ritenuto sussistente  la recidiva reiterata specifica infraquinquennale, rideterminandola in anni quattro, mesi due e giorni venti di reclusione riducendo, altresì, la durata della misura di sicurezza della libertà vigilata ad anni uno e la durata della pena accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale, oltre ad intervenire in melius sulle interdizioni disposte in primo grado.
Nella sostanza l’imputato X si era reso autore per anni di maltrattamenti fisici e psicologici nei confronti della moglie, alla presenza dei loro cinque figli minori, instaurando un regime familiare improntato alla prevaricazione e alla violenza, soprattutto scatenantesi dopo l’abuso di sostanze alcoliche cui era dedito, allorquando era solito percuoterla con calci, pugni e schiaffi e ingiuriarla. La condotta di soprusi costante e continuativa ha visto alcuni episodi particolarmente efferati, uno dei quali il 15.4.2018, giorno in cui l’imputato, dopo aver gravemente aggredito la moglie picchiandola, l’ha bloccata sul letto della propria abitazione nel campo nomadi di Roma, costringendola con delle manette ai polsi a non muoversi per oltre sei ore, tagliandole anche i capelli contro la sua volontà alla presenza dei gli minori della coppia.

L’altra manifestazione di particolare violenza è quella registrata il giorno 21.9.2018 quando l’imputato ha stretto al collo in una morsa con le braccia la moglie procurandole le lesioni personali contestate al capo c), dalle quali sono derivate la distorsione e la distrazione del collo della vittima.
Ma a quali reati sia applicabile la pena accessoria di cui all’art. 34 c.p. ?
Secondo il Collegio  rispondono ad un canone comportamentale abusivo della responsabilità genitoriale sia le condotte di reato direttamente rivolte contro i figli minori (a mero titolo esemplificativo: violenze, vessazioni psicologiche e morali, maltrattamenti, persecuzioni e via dicendo), ma anche quelle indirettamente rivolte direttamente contro l’altro genitore ed indirettamente contro i figli i quali di fatto sono costretti   ad assistere, secondo i parametri normativi dettati dall’art. 61, comma primo, n. 11-quinquies, c.p., ad una violenza e sopraffazione destinate ad avere inevitabilmente conseguenze sulla loro crescita ed evoluzione psico-fisica, segnandone il carattere e la memoria.

Sussiste abuso della responsabilità genitoriale quindi  non solo nel caso in cui la violenza assistita  sia stata idonea a configurare di per sé una condotta di maltrattamenti ai danni dei minori, spettatori della violenza o della vessazione di un altro familiare, ma anche quando la violenza assistita sia configurata come aggravante di un reato commesso nei confronti dell’altro familiare.

Il Consiglio dei ministri ha approvato, poche ore fa, le nuove norme sull’uso delle mascherine.

Queste andranno sempre indossate, in tutti i luoghi all’aperto ad eccezione dei casi in cui sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento da altre persone (ad esempio se si va in campagna o nei boschi), nonché in tutti i luoghi chiusi, fatta eccezione per le abitazioni private. Tutti dovremo indossarle sia che si cammini per strada o in piazza, che ci si sieda su una panchina all’aperto o che si aspetti il bus: l’unico esonero è per chi svolge attività fisica/sportiva all’aperto (running, bici, attività a corpo libero). 

Per quanto attiene agli ambienti chiusi, resta l’obbligo, già in vigore, di indossarle negli uffici, nelle palestre, nei negozi, sui mezzi pubblici, nei cinema e nei teatri, nei ristoranti e nei bar (durante l’entrata, l’uscita e gli spostamenti interni al locale), in macchina in presenza di amici e di persone non conviventi.

Per chi non rispetta le nuove prescrizioni verranno comminate multe da 400 a 1000 euro: gli importi restano dunque invariati rispetto a quanto già previsto nelle precedenti disposizioni di legge.

Il soggetto al quale viene applicata la multa potrà fare ricorso al Prefetto o al Giudice di pace, al fine di contestare la sanzione, ma il ricorso dovrà essere supportato da validi motivi, cioè dimostrare di rientrare nella categoria delle persone esonerate dall’obbligo.

Sono infatti esonerati i bambini al di sotto dei sei anni; le persone disabili con patologia incompatibile con la mascherina o un suo accompagnatore; le persone che si trovavano in una delle circostanze in cui la mascherina all’aperto può essere abbassata (per bere, per mangiare, per fumare, durante l’attività sportiva intensa come jogging o bici); le persone che si trovavano in luoghi desolati, ovvero spazi aperti dove non c’è nessuno, come boschi, campagne etc. 

Il ricorso va inoltrato alle Autorità indicate, entro trenta giorni dalla ricezione della sanzione, via Pec o tramite raccomandata A/R, con l’indicazione espressa dei motivi, dei dati anagrafici del ricorrente, della copia fronte/retro di un documento di identità.

Se la multa per il mancato utilizzo della mascherina è stata emessa dai Vigili Urbani, la contestazione dovrà essere inoltrata al Comune; se è stata emessa dalla Polizia provinciale, alla Provincia; se invece è stata emessa da Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Carabinieri, andrà inoltrata al Prefetto o al Giudice di Pace.

Ad eccezione del caso in cui il ricorso sia stato presentato direttamente al Giudice di pace, qualora l’Autorità adita rigetti ed emetta un’ordinanza di ingiunzione (con l’applicazione di una sanzione raddoppiata rispetto all’importo originale), nei successivi trenta giorni dalla notifica del rigetto, il ricorrente potrà presentare ulteriore ricorso dinanzi al Giudice di pace. 

Le multe non riguardano, in ogni caso, solo il soggetto che non indossa la mascherina ma potranno estendersi anche a chi, gestore di un locale, non faccia rispettare al suo interno i divieti o gli obblighi previsti. Oltre alla multa da 400 a 1.000 potrebbe essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni.

Per chi viola la quarantena, la sanzione resta quella della multa da 400 a 1000 euro, mentre il mancato rispetto delle restrizioni per chi sa di avere il virus, può comportare – all’esito di un processo penale per epidemia colposa – l’applicazione della sanzione penale dell’arresto da 3 a 18 mesi, oltre che dell’ammenda da 500 a 5.000 euro.

Volevano cambiare le loro vite. Invece hanno fatto la Storia”, così vengono presentate le tre protagoniste de “Il diritto di contare”, donne che sono riuscite a farsi valere e a rendersi visibili alla NASA( National Aeronautics and Space Administration), in un’epoca dove l’essere donna e avere un diverso colore della pelle rappresentava un grosso ostacolo. 

Ottobre, decimo mese dell’anno, simbolo forse per eccellenza dell’autunno e dei suoi colori, da qualche anno è stato dedicato alla salute delle donne e in mezzo ai colori vivaci dell’autunno si è aggiunto il rosa, colore che generalmente rappresenta il genere femminile e per l’occasione avevo piacere a dedicare questa pagina a tutte le donne ma in particolare a quelle che lavorano in ambito scientifico.

La comunità scientifica  mi è sempre apparsa senza nessun tipo di pregiudizio, quello che conta sono le capacità e l’impegno che ognuno mette nel proprio lavoro. Sono cresciuta in un’epoca dove Rita Levi Di Montalcini riceve il Nobel per la Medicina, dove la fisica Fabiola Gianotti è alla guida del CERN ( Conseil européen pour la recherche nucléaire) per ben due volte, dove Samantha Cristoforetti diventa la prima astronauta italiana, Margherita Hack è un’astrofisica con rinomanza internazionale e l’elenco è lunghissimo. Sono stata  fortunata, altre donne si sono battute affinché tutto questo potesse essere possibile. 

Prima della fine dell’Ottocento,  le uniche donne che potevano accedere agli studi erano chiuse in conventi, quindi spesso costrette a fare studi umanistici perché, per chi ha studiato le scienze, quelle che chiamano “dure” (matematica e fisica), sa che l’intuito e il talento se non è accompagnato da una buona base di preparazione non basta per progredire, ma malgrado questa triste situazione, anche in questi anni alcune donne sono riuscite a dare il loro contributo.

La situazione è iniziata a cambiare verso la prima metà del Novecento, ma nel 1961, anno di ambientazione del libro “Il diritto di contare” le cose non erano ancora rosee. Infatti ad esempio alle donne della NASA era consentito fare le così dette “calcolatrici umane”, questo implicava non aver riconosciuto nessun merito e non potevano ancora accedere a tutte le facoltà.

Fortunatamente le cose sono cambiate, oggi vedere donne che hanno una brillante carriera scientifica non ci stupisce più, ma si può fare di meglio, si potrebbe supportare e incoraggiare le ragazze a intraprendere questa carriera così come lo si fa con i ragazzi. Infatti purtroppo ancora si tende a supportare di più i ragazzi e non le ragazze che si avvicinano alla scienza.

C’è ancora molta strada da fare per rimediare ad anni di esclusione delle donne  dalla scienza, ne è testimonianza lo stesso fatto che se ne continui a parlare. 

Inoltre partendo dal presupposto che  la bellezza è soggettiva e che l’intelligenza ha il suo gran bel fascino, sfatiamo anche questo mito delle scienziate associate al “non bell’aspetto”, un esempio tra molti l’attrice Hady Lammar che è anche l’inventrice delle reti wirelless.

La scienza e la cultura in generale rendono, a mio parere, molto più affascinanti le persone, senza un buon argomento da affrontare anche il più galante appuntamento diventerebbe di una noia mortale. 

Questa è la conclusione a cui è giunta la Procura di Velletri all’esito dell’autopsia sul corpo di Willy, da cui è emerso che i colpi non sono stati inferti a caso, ma con l’intento di provocare lesioni mortali.

Pertanto, l’iniziale accusa a carico dei quattro indagati, si è tramutata da omicidio preterintenzionale in volontario, aggravato dai futili motivi: contestazione questa dalle notevoli ripercussioni in termini di gravità della pena che, in caso di condanna, verrebbe irrogata ai colpevoli.

Ma da cosa nasce la scelta del magistrato di mutare il tipo di delitto e che significa che l’omicidio che si contesta non è più preterintenzionale ma volontario?

Nella relazione medico legale il dr. Saverio Potenza parla di «colpi assestati e non casuali». Calci e pugni mirati su organi vitali: al torace, sulla pancia, sul collo. Dunque, la morte è stata un evento voluto.

L’omicidio preterintenzionale si ha, contrariamente, quando chi cagiona la morte vuole solo, ma intenzionalmente, percuotere o ledere, e da tali condotte ne è derivato, causalmente, l’evento letale.

In tal senso il codice penale parla di delitto “oltre l’intenzione”, in quanto dalla propria azione (in questo caso dalle percosse o dalle lesioni) è derivato un evento dannoso più grave di quello voluto.

Per essere ancora più chiari – inizialmente – l’Accusa contestava agli indagati di aver ucciso il povero Willy senza volerlo, ovvero che costoro volessero solo picchiarlo e percuoterlo e che la sua morte sarebbe derivata, causalmente, in conseguenza dei numerosi colpi inferti. Ma l’autopsia ha invece ribaltato i fatti, essendo emerso che il ragazzo è stato vittima di una aggressione prolungata e che i colpi sono stati inferti – anche con armi contundenti – in precise aree del corpo e dunque con l’unico intento di uccidere.

Dati scientifici che per gli investigatori sarebbero stati rafforzati anche dalle dichiarazioni rese dai vari testimoni e dai precedenti penali di alcuni degli indagati.

Dunque, se la versione dell’Accusa dovesse essere confermata e provata anche nel corso del processo, la pena che si prospetta per i responsabili potrebbe essere l’ergastolo.

Ma al di là dei tecnicismi giuridici, che sicuramente incideranno notevolmente (in termini sanzionatori) qualora gli imputati dovessero essere ritenuti colpevoli al termine del  giudizio, resta il fatto che, purtroppo, ancora una volta, la cronaca ci pone davanti a episodi di inaudita violenza, ad esplosioni di aggressività assolutamente ingiustificate e ingiustificabili da parte di giovani contro altri giovani, dove la vita sembra aver perso qualsiasi valore, dove è tutto un gioco portato all’estremo di cui non si comprendono o non si vogliono vedere le conseguenze, dove ciò che conta è solo la “caccia” al diverso, al debole, a chi non si piega alle ingiustizie, a chi lotta per la propria libertà.

E allora ben venga la pena dura, la pena esemplare che ristabilisca gli equilibri rotti dalla violenza futile e priva di logica, che restituisca alle famiglie delle vittime giustizia e non vendetta, ma senza mai dimenticare che il vero impegno sta nella prevenzione, nella cultura della legalità e del rispetto, nella comprensione e nell’accettazione, nell’accoglienza delle differenze e nell’integrazione, perché, se l’unico rimedio a cui appigliarsi è il carcere e la pena, significa che ogni tentativo precedente ha fallito. 

Significa che tutti noi abbiamo fallito perché non siamo stati capaci di comprendere, diffondere e mettere in atto quella “cultura del rispetto verso l’altro” che potrebbe impedire tanti inutili atti di violenza e trasformarci in uomini e donne più consapevoli, in genitori/insegnanti ed educatori attenti, in cittadini migliori e più responsabili.E’ importante che la pena torni ad essere un deterrente e una extrema ratio, come dicevano i primi legislatori, e che si investa in prevenzione e formazione, altrimenti le cronache continueranno a rimandarci l’infinito film di violenze gratuite, fini a se stesse, rivolte ai più fragili e , forse, evitabili.

Il 3 ottobre molte voci, insieme all’associazione Mamme per la pelle, si leveranno per chiedere la riforma della cittadinanza e lo ius soli, l’abrogazione dei decreti sicurezza, la cancellazione degli accordi con la Libia e la creazione di corridoi umanitari.

Piazza del Popolo, 15:30 Giornata nazionale in ricordo delle vittime dell’immigrazione istituita dopo il naufragio del 2013 a Lampedusa. Tantissimi i sostenitori oltre a noi mamme, i NIBI (neri Italiani, black Italians), 6000 sardine Roma, Baobab Experience, Black Lives Matter e decine ancora.

Intervista ad una giovane coppia mista, con Willy sempre nel cuore.

https://youtu.be/t6Yuo3SOtrI

La Suprema Corte  (Cassazione sez. III Penale, sentenza 2 luglio – 8 settembre 2020, n. 25266 Presidente Rosi – Relatore Macrì) ha ritenuto legittima la contestazione del reato di  la violenza sessuale anche a chi invia foto hard via WhatsApp a un minore.
Così ha deciso  la terza sezione penale della Corte di Cassazione respingendo il ricorso dei legali  di un indagato (uomo) per avere inviato messaggi e foto esplicite ad una minorenne invitandola a fare altrettanto. La difesa aveva sostenuto che “in assenza di incontri con la persona offesa o di induzione a pratiche sessuali via” di fatto sarebbe difettato “l’atto sessuale”.

Woman use of mobile phone at street

Il Tribunale del Riesame però ha sottolineato -osserva la Cassazione- che “la violenza sessuale risultava ben integrata , pur in assenza di contatto fisico, quando gli atti sessuali coinvolgessero la corporeità sessuale della persona offesa e fossero finalizzati a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare il proprio istinto sessuale”.
Inoltre, spiegano i giudici della cassazione,  il Riesame “ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza del reato contestato nell’induzione allo scambio di foto erotiche, nella conversazione sulle pregresse esperienze sessuali ed i gusti erotici, nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat”.
Con ordinanza in data 9 gennaio 2020 il Tribunale del riesame di Milano ha confermato l’ordinanza del 17 dicembre 2019 del Giudice per le indagini preliminari di Pavia che aveva applicato a ……. la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di violenza sessuale.

Il Tribunale del riesame ha ricordato che la violenza sessuale risulta pienamente integrata, pur in assenza di contatto fisico con la vittima, quando gli atti sessuali coinvolgessero la corporeità sessuale della persona offesa e fossero finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale.

Nello specifico, ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza del reato contestato nell’induzione allo scambio di foto erotiche, nella conversazione sulle pregresse esperienze sessuali ed i gusti erotici, nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat.

Ed invero, Cass., Sez. 3, n. 8453 del 14/06/1994, Mega, Rv. 198841 – 01 ha qualificato come tentativo di violenza carnale (e non come diffamazione aggravata) il fatto di chi, minacciando – e poi attuando la minaccia – di inviare ai parenti di una donna foto compromettenti scattate in occasione di incontri amorosi con lei precedentemente avuti, tenti di costringerla ad ulteriori rapporti sessuale, non rilevando l’assenza di qualsivoglia approccio fisico, in quanto con l’effettuazione della minaccia, diretta a costringere la persona offesa alla congiunzione, iniziava comunque l’esecuzione materiale del reato; analogamente Cass., Sez. 3, n. 12987 del 03/12/2008 (dep. 2009), Brizio, Rv. 243090 – 01, secondo cui, ai fini della configurabilità del tentativo di atti sessuali con minorenne nel caso in cui il contatto tra il reo ed il minore avvenga mediante comunicazione a distanza, è necessario accertare, da un lato, l’univoca intenzione dell’agente di soddisfare la propria concupiscenza e, dall’altro, l’oggettiva idoneità della condotta a violare la libertà di autodeterminazione sessuale della vittima (fattispecie in cui il reo aveva inviato a mezzo telefono cellulare un SMS ad un minore nel tentativo di indurlo a compiere sulla propria persona atti di autoerotismo).

Più recentemente Cass., Sez. 3, n. 19033 del 26/03/2013, L, Rv. 255295 – 01 ha affermato, con ampi riferimenti alla giurisprudenza già formatasi sul tema, che nella violenza sessuale commessa mediante strumenti telematici di comunicazione a distanza, la mancanza di contatto fisico tra l’autore del reato e la vittima non è determinante ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di minore gravità. Ha ravvisato l’integrazione del reato di cui all’art. 609-quater cod. pen. nella condotta di richiesta ad un minorenne, nel corso di una conversazione telefonica, di compiere atti sessuali, di filmarli e di inviarli immediatamente all’interlocutore, non distinguendosi tale fattispecie da quella del minore che compia atti sessuali durante una video-chiamata o una video-conversazione, Cass., Sez. 3, n. 17509 del 30/10/2018, dep. 2019, D., Rv. 275595 – 01.

Nello specifico il Tribunale del riesame ha valorizzato anche gli aspetti di contesto sulla persistente dolosa strumentalizzazione dell’inferiorità della vittima da parte dell’agente (Cass., Sez. 3, n. 15412 del 20/09/2017, dep. 2018, C, Rv. 272549).

Nella fattispecie  la circostanza che l’indagato avesse perpetrato le stesse condotte nei confronti di altre minori, dimostrando di non saper controllare le proprie pulsioni, di lavorare all’estero e di non essere rientrato specificamente per consegnarsi alle forze dell’ordine, di poter continuare a minacciare le vittime nonché reiterare le condotte delittuose a mezzo l’uso di strumenti informatici – sono logici e razionali ed hanno ben giustificato la conferma della misura della custodia cautelare in carcere).

E’ necessario vigilare sull’utilizzo della chat, delle messaggerie, dei social e degli strumenti di comunicazione informatiche dei nostri giovani figli specie se piccoli o minori, la gravità delle conseguenze per la loro salute psico fisica è notevole, le conseguenze che ne possono derivare poi nel passaggio dal virtuale al reale incommensurabili.

Occorre attivarsi nel modo adeguato, chiedendo anche aiuto, aprendosi al dialogo, non accettando la recisa volontà di un figlio piccolo che vi nega l’accesso in ogni modo al proprio telefono.
E’ considerato uno dei campanelli di allarme.La posta in gioco è alta, la scuola non è sufficiente e lue istituzioni non sono in grado di dare supporto in questo tipo di vicende.
Spetta a chi è vicino quotidianamente ai figli attivarsi e cercare di intercettare o prevenire certi rischi o certe condotte.

Siamo ormai in piena estate e le vacanze si avvicinano per molti italiani anche se questa è una strana estate, sospesa tra mille incertezze e la mancanza di spensieratezza tipica della voglia di incontrarsi, stare insieme e divertirsi, a causa delle norme sociali e sanitarie dovute alla pandemia in corso e alla crisi economica che incombe pesantemente sul Paese.

Distanze di sicurezza, obbligo di mascherine negli ambienti chiusi, sanificazione dei locali, misurazione della temperatura con termo scanner e la presenza dei dispenser con disinfettanti per le mani, queste le regole base. E ancora,  obbligo di lasciare le proprie generalità nei locali pubblici, divieti di assembramenti, sale da ballo ancora chiuse, concerti e musica live aboliti. Insomma, non proprio una situazione che invita a partire serenamente e con la tipica voglia di vacanze, anche se la rilassatezza, soprattutto tra i giovani e nei luoghi della movida domina con la voglia di dimenticare, o meglio esorcizzare, per cercare di lasciare al più presto alle nostre spalle questa tragedia.

Purtroppo la pandemia ancora c’è, lo vediamo dai numeri e dalle notizie allarmanti che arrivano da tutto il mondo, con oltre 250.000 contagiati al giorno (Stati Uniti, Brasile, Sudafrica, Iran, India, solo per citarne solo alcuni). Anche se in Italia la situazione è clinicamente sotto controllo, il virus continua ad aggirarsi con focolai sparsi un po’ dappertutto sul territorio, in molti casi accesi da casi di “ritorno” come dall’area dei Balcani, dalle comunità del Bangladesh e dai migranti infetti che approdano sulle nostre coste.

La situazione, nonostante l’apparente disinvoltura, è quindi da tenere sotto controllo, e ci fa dire che l’emergenza non è ancora finita e che è necessario prestare la massima attenzione,  rispettando le norme sociali e sanitarie richieste, senza abbassare la guardia. 

Alla mancanza di spensieratezza dovuta alla soppressione della consueta socialità a cui siamo abituati, si unisce inoltre la concreta fonte di preoccupazione dovuta alla crisi economica, alla mancanza di lavoro, ad un futuro dalle incerte prospettive che non invogliano certo ad andare in vacanza, con l’ansia di cosa ci aspetterà dopo l’estate. Mancano inoltre all’appello i turisti tedeschi, russi, spagnoli, cinesi e americani che affollavano le nostre località di vacanza, dando quel tocco di brio e di apparente “dolce vita”, oltre che a garantire i flussi economici alle esangui casse del settore turistico.

Il decreto rilancio del Governo sta provando con i bonus ad incentivare vacanze di “cittadinanza”, almeno per incrementare i consumi interni ma tra mille polemiche, visto che sembra sia a carico delle strutture turistico-ricettive che potranno poi recuperarlo come credito d’imposta, quindi disconosciuto da molti albergatori che non vogliono fare da “banca” ai potenziali turisti.

Insomma, più attuale che mai la splendida canzone di Battiato del 1981 “Summer on a solitary beach” che rievoca la sensazione sospesa di portarci con un tappeto volante in qualsiasi luogo, che è la cifra di quest’estate metafisica ammorbata dal Covid-19 e dalla crisi forse di un’intera epoca.

Abbiamo già detto che potrebbe essere l’occasione per ripensare i nostri modelli sociali e di vita, comprese le nostre vacanze. Alle follie estive, ai Papeete, alle discoteche, alle varie Capannine, ai viaggi da mille e una notte (molti in realtà erano già residui archeologici di un passato oramai tramontato, indice della perdita di “innocenza” della post-modernità), possiamo sostituire un turismo più riflessivo, più rispettoso del territorio, meno consumistico e più vero, che ci faccia recuperare la nostra dimensione personale e vivere quella collettiva in una dimensione più profonda anche se “distanziata”, che ci consenta di recuperare quelle energie, quel riposo fisico e mentale, quella serenità, anche con il semplice contatto con la natura e con l’ambiente, che abbiamo visto quanto essere importanti (e mancanti) nel periodo del lock-down

Soprattutto la riscoperta del nostro territorio, dei nostri borghi, anche quelli più remoti e sconosciuti e dei luoghi di cultura, come ad esempio i parchi letterari ed i luoghi della memoria. Ecco, la semplicità, ma il grande valore delle piccole cose perdute e delle relazioni umane vere.  Dunque buone vacanze ai nostri lettori…”on a solitary beach”.

Negli ultimi giorni non è infrequente sentire parlare i mass media o leggere notizie in merito ai pericoli del “deep o del dark web”: termini che, seppur sconosciuti ai più, sono invero ben noti a molti tra i più giovani – spesso minori – attratti dalla navigazione in una rete “profonda”, torbida e fitta di pericoli.

Solo qualche giorno fa, infatti, i Carabinieri di Siena dopo essere riusciti ad accedere – dietro pagamento in criptovalute, ed esattamente di bitcoin – a siti nascosti nel deep web, hanno scoperto l’esistenza di “stanze virtuali” ove gli spettatori, oltre che assistere a violenze sessuali e torture, praticate in diretta, da adulti su minori, potevano anche interagire con gli aguzzini, richiedendo specifiche “sevizie” da applicare a piccolissime vittime.

Tra gli spettatori e i partecipanti, molti erano giovani e adolescenti, che avevano ben pensato di diffondere alcune delle immagini e dei video nelle chat o nei gruppi whatsapp.

Deep web

Vediamo innanzitutto cosa si intende per deep o dark web. Si tratta di parti “nascoste” del web – non indicizzate (basta pensare che i motori di ricerca come Google indicizzano solo 2 miliardi di siti web, cioè meno della metà dei contenuti disponibili, stimati in circa 550 miliardi) – utilizzate sia da soggetti in stati dittatoriali senza libero accesso al web -per reperire o diffondere informazioni spesso censurate o non diffuse al pubblico – che, con sempre maggior frequenza – da organizzazioni criminali per amplificare i propri traffici illeciti, grazie all’anonimato pressochè totale con cui è possibile navigare.  

In queste parti di rete è possibile trovare ad esempio dei “dark market”, cioè veri e propri portali e-commerce dove acquistare (il più delle volte in bitcoin) droghe, armi, killer su commissione, gioielli, oro, film pedopornografici, virus informatici, dati trafugati, credenziali aziendali e bancarie, etc.

A tali contenuti, nel deep web, si accede spesso con un login, mentre nel dark web solo con particolari browser.

Particolarmente allarmante è soprattutto la tipologia delle immagini e del materiale che “venditori e acquirenti” si scambiano in particolari forum: si tratta spesso delle cd immagini “gore”, ovvero video/foto raffiguranti suicidi, mutilazioni, squartamenti e decapitazioni di persone, in qualche caso di animali, violenze sessuali, atti pedo-pornografici (etc) condivise dietro pagamento o per il solo gusto di guardarle. 

Foto che, come è successo per i due diciassettenni scoperti dai Carabinieri di Siena finivano poi nelle chat e nei gruppi whatsapp e telegram, con le ovvie conseguenze che tale diffusione può portare. 

Come è facile intuire si tratta di un mondo pericoloso, dove è possibile acquistare di tutto e incontrare chiunque: problematiche queste che toccano da vicino moltissime famiglie chiamate a monitorare (talvolta senza sapere cosa o come) i propri figli sempre più abili a navigare e ad accedere a realtà pericolose e da cui è difficile difendersi o uscirne.

Il rischio maggiore è che incauti adolescenti o minori, attratti dal “proibito” o spinti dalla curiosità di conoscere realtà poco note ai più – di cui potersi vantare con gli amici -, finiscano invece per incappare in giri di pedo-pornografia; per essere adescati o ricattati a seguito della condivisione di determinati video/foto; convinti ad acquistare sostanze stupefacenti, o ancora, ad accettare sfide al limite della vita. Senza contare che non è per nulla difficile che tali ragazzi, oltre che vittima di determinati reati, possano a loro volta diventarne ignari autori.

E’ importante dunque che i genitori, ma tutti i formatori in genere, si aggiornino su certe tematiche, per poter fare una prevenzione reale, così da poter monitorare davvero la navigazione in rete dei propri figli o dei propri studenti, mettendoli in guardia dalle insidie di strumenti tutt’altro che virtuali, ma anzi in grado di fagocitarli e stritolarli.

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30 Giugno 2020

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Caterina Adriana Cordiano è nata a Giffone, borgo montano nella provincia di Reggio Calabria. Ha conseguito gli studi regolari in parte nella sua terra d’origine, in parte in Campania dove ha vissuto ed assorbito gli umori del sessantotto e dove è ritornata, a distanza di tempo, per il lavoro d’insegnamento (Napoli). Da qui l’affezione a quella città che considera la sua seconda patria. Nei rientri in Calabria oltre che dedicarsi alla sua professione d’insegnante, si è impegnata nella vita pubblica dove ha rivestito incarichi di responsabilità e rilievo. Conclusa tale esperienza, ha indirizzato i suoi interessi verso  attività squisitamente culturali rivestendo, per circa vent’anni,  l’incarico di presidente di una fondazione culturale La sua formazione culturale passa attraverso l’esperienza storica del ’68 che la porta a  conoscere i grandi della letteratura e della filosofia europea: Marcuse, Sartre, Russell ed anche i nouveax philosophes : Bernard Henry Levy; Andrè Glucksman, Michel Foucault ( A. Piromalli di lei ha scritto che“ Nella  sua formazione culturale entrano il marxismo classico ed il pensiero laico e pacifista europeo”  – “ Maropati, storia di un feudo ed un’usurpazione”-Pellegrini, Cosenza–sec. edizione). Ha conosciuto ed avuto amici molte personalità della cultura: Fortunato Seminara, Giorgio Barberi Squarotti, Raffaele Sirri, Pasquino Crupi, L.M. Lombardi Satriani e, particolarmente, Antonio Piromalli. Ha molto viaggiato in Italia e nei paesi europei per soddisfare la sua sete di confronto con le altre culture, anche quelle extraeuropee, con soggiorni in Tunisia ed in Turchia, Istanbul in particolare. L’esperienza del viaggio, come essere altrove per ritrovare, nelle diversità, le profonde identità che accomunano l’uomo, continua a segnare il suo pensiero, orientato, convintamente ed intimamente, verso una cittadinanza che riguarda il mondo intero. Da innamorata della narrativa, della poesia e dell’arte in tutte le sue forme, ha voluto mettersi alla prova producendo degli scritti che solo ora, in una condizione di otium operoso, inizia a pubblicare. Questo suo primo romanzo, “I giorni del mare”, arriva alla pubblicazione anche grazie ai pareri critici positivi espressi da autorevoli studiosi della letteratura alla cui attenzione era stato sottoposto.  

Gentile Caterina, desideriamo innanzitutto conoscere il Suo stato d’animo davanti a questa tragedia che ha sconvolto e che sta continuando a tenere le nostre anime in sospeso. Come ha vissuto e come sta vivendo questi giorni?

I miei stati d’animo di fronte a un evento impensabile, inimmaginabile e terribile quale è stata, ed è, questa pandemia, sono stati diversi.  All’inizio, di fronte ad una malattia sconosciuta che ci era sembrata lontana ma che poi abbiamo visto diffondersi con la velocità della luce e dilagare in tutti i paesi del mondo, facendo precipitare in un’oscura spirale di morte migliaia e migliaia di vite, è stato di profondo sgomento, di vuoto, d’impotenza, di estrema fragilità. I ritmi di vita sconvolti insieme alla cancellazione della gioia della socialità, della vicinanza, degli abbracci, era disagio assoluto, terribile solitudine, estrema ansia perché insieme alle certezze svaniva la visione chiara del domani, i cui contorni diventavano sempre più indefinibili e comunque oscuri. Poi, in qualche modo, è intervenuta la fase della razionalità. Ho cominciato, come tutti, a interrogarmi e darmi risposte, quelle possibili, anche se rimaneva lo smarrimento per le indecisioni della scienza che si dibatteva anch’essa in supposizioni e congetture, su un virus che sembrava guidato da un’intelligenza selettiva e diabolica, colpendo maggiormente le persone anziane, il sesso maschile, alcune zone geografiche piuttosto che altre e persino beffarda con uomini di potere scettici e dubbiosi come nel caso del premier inglese. Infine la bellezza della creatività e la voglia di fare, nate dalla resilienza dei popoli e di ognuno di noi, si sono trasformate in momenti di grande energia che ci hanno aiutati a risorgere. Ora che l’emergenza, almeno nella sua forma di più acuta gravità, sembra essere stata superata ed è iniziata la fase della speranza, della ricostruzione e della voglia di normalità, ciò che mi auguro è che la normalità di oggi sia diversa da quella di ieri e che ognuno di noi abbia imparato qualcosa da questa terribile esperienza. Non credo davvero nell’avvento dell’uomo nuovo, ma dell’uomo migliore sì.   

“Inutile prendere la vita troppo sul serio tanto non ne esce vivo nessuno!”

Ammettiamolo, sono tempi duri per tutti, ma per alcune categorie sono durissimi! Se il lavoro nello spettacolo si poteva già definire il mestiere precario per antonomasia, al momento sembra addirittura segnato da un destino di, se non proprio estinzione, sicuramente di “sospensione”. Ecco che anche io, come lavoratrice dello spettacolo, voglio allora appigliarmi ad una visione che sia alternativa al serpeggiante pessimismo, rivolgendomi ad un attore comico di cui ho sempre apprezzato la weltanschauung, la concezione del mondo: Sergio Viglianese.

Un essere fiabesco, un pregiato professionista, un caro amico e collega, nonché… indiscrezione che mi permetto di fare, un grande sciupafemmine! Con me però non si è mai permesso, sono troppo alta…  Il solo pensare a lui, dopo averlo conosciuto e frequentato per lavoro ma non solo, mi mette allegria, suscita nel mio animo tenerezza ed empatia. Tanti lo ricordano soprattutto nel ruolo di Gasparetto, il meccanico in tuta rossa, sul palcoscenico di Zelig e di tanti altri programmi comici, con la sua mano alzata e il suo onorario sempre fisso su 500 euro, a prescindere dall’entità del guasto.  Ma innumerevoli sono in realtà i personaggi e relative esilaranti battute e situazioni surreali generate dalla fantasia di Sergio. Abile monologhista ed originale autore in genere, firma non solo il suo repertorio, ma collabora anche alla scrittura dei pezzi e alla creazione dei numeri di tanti colleghi attori. Effettivamente io lo conobbi proprio in occasione di uno spettacolo dove ero scritturata da un altro comico, che lo chiamò per collaborare ai testi e fare la regia dello show. Da allora, non l’ho più mollato e seguendo quest’intervista forse capirete il perché. Insomma, al contrario di alcuni comici esplosivi in scena ma tristi e deludenti nella vita, ecco, Sergio Viglianese è un genuino buontempone, un giullare d’altri tempi creato per generare ottimismo, senza per questo, però, mancare di profonda intelligenza e sensibilità. Lo adoro! Ecco a voi la prima domanda:

Dimmi Sergio, hai continuato a sorridere alla vita nonostante la calamità che ci ha investiti?

Sembrerà strano e anche un po’ cattivo, ma devo confessare che mi sono divertito molto durante il periodo della quarantena, sia perché era una cosa nuova e strana, sia perché in qualche modo a me le difficoltà divertono, mi appassionano. Ovviamente mi ritengo fortunato per essermi trovato in una condizione favorevole: nella mia casetta nella natura, tutta attrezzata con pannelli solari e quindi senza bollette da pagare e con tante cose da fare. Siccome come hobby, molto impegnativo, mi sto ristrutturando casa da solo da ben cinque anni, mi sono potuto immergere completamente in questa attività, dimenticandomi del resto del mondo. 

Ma uno spirito libero come il tuo cosa ha provato a stare in “lockdown”?

Vivendo in campagna isolato, avvertivo che qualcosa era cambiato, ma in fondo neanche tanto! Però le tre settimane di zona rossa qui a Nerola, effettivamente sono state un po’ strane… non poter uscire e avere delle restrizioni, però ha avuto anche un lato piacevole: “riconquistare” casa, essere obbligato in un certo senso dall’alto, a rallentare i ritmi e smettere di stare sempre in giro. Quindi, malgrado alcune difficoltà pratiche, ho proprio accolto con serenità questa quarantena.

Veniamo alla categoria dei lavoratori dello spettacolo, quella che ha in un certo senso l’orizzonte più incerto in assoluto, hai qualche suggerimento per i tuoi colleghi?

Lo spettacolo dal vivo prevede tanta gente riunita, altrimenti che gusto c’è?  Le risate sono contagiose ma lo è anche il coronavirus! Quindi giustamente, dobbiamo accettare che… non possiamo proprio. Il consiglio che posso dare è quello di trovare alternative, come sto facendo anch’io: adesso con tutte queste tv digitali la gente vedrà di più la televisione o i social, orientarsi quindi verso il girare piccole cose, degli spot da proporre magari a degli sponsor. Insomma, bisogna sapersi riciclare con creatività, l’ironia è sempre molto efficace nel mondo della pubblicità. E non dimentichiamoci della radio!

Prima di salutarti, ti chiedo di svelarmi il segreto della tua leggerezza d’animo…

La verità è che non lo so, col sorriso io credo di esserci nato! Ma se vogliamo provare ad analizzare cosa può portarti ad essere così è da una parte l’incoscienza, perché solo con l’incoscienza puoi essere così allegro sempre, evitando di pensare a tutto il disastro che c’è intorno a noi, perché in fondo la vita è molto bella. Ma volendo dare una risposta che possa magari essere d’aiuto a chi vede tutto nero, io consiglio di non prendersi mai troppo sul serio, mai prendere la vita con pesantezza nonostante ci siano per tutti noi obblighi e cose da cui non possiamo sfuggire. Sarà un po’ semplicistico ma in fondo è quello che funziona per me: penso solo alle cose belle, mi dedico solo alle cose belle, cerco di frequentare solo persone belle che non inquinano i miei pensieri con cose negative. Il succo del discorso secondo me è che conviene godersi il bello che disperarsi per il brutto. Concludo con una battuta che faccio anche nei miei spettacoli: inutile prendere la vita troppo sul serio tanto non ne esce vivo nessuno!

Al lancio di Condivisione Democratica avevo annunciato che il mio spazio “DireAgire” sarebbe stato un contenitore vario ed eclettico, imperniato comunque sul Dire, il coraggio e la forza di comunicare senza filtri, cercando possibilmente però di dare seguito alle parole anche con l’azione. In questa fase di obbligata permanenza in luoghi chiusi, ecco che voglio passare in concreto all’azione condividendo con i volenterosi ma soprattutto le volenterose, alcune mini lezioni di ripasso preparate per le mie allieve di Danza orientale.

Il mio stile, quando ha possibilità di esprimersi completamente, racchiude in realtà una grande influenza della Jazz Dance, ecco perché l’ho chiamato “Belly Jazz Dance”. Per l’occasione specifica del momento però, giusto per indicare semplici movimenti ed un’ infarinatura della Belly Dance, ecco che, armata solo di cellulare e treppiedi improvvisati, mi sono autoprodotta queste piccole pillole di danza casalinga, approfittando della mia invidiabile posizione abitativa, il mare. Per chi arriverà alla fine di questo mini corso, un premio: nell’ultima clip, quella di una semplice danza col velo, arriva sul finire la parte che preferisco, dove l’attrice comica che è in me, vi strapperà forse anche un sorriso, ma…solo dopo che avrete sudato almeno un po’!

Buona visione ma soprattutto, buona azione!

https://www.youtube.com/watch?v=rOMSHD7BZlk&feature=youtu.be

https://www.youtube.com/watch?v=MI_MoBrbxYM&feature=youtu.be

https://www.youtube.com/watch?v=30guu3ddOrI&feature=youtu.be

https://www.youtube.com/watch?v=NolrZPcSYiA&feature=youtu.be

https://youtu.be/z09rI5f2JPk

Sui social tra le tante notizie della “pandemia”, spopola la
notizia di un asteroide che il 29 aprile “sfiorerà l’atmosfera terrestre”; cosa
c’è di vero?

Iniziamo con lo scoprire che cosa sono gli asteroidi. Essi sono
dei piccoli corpi celesti rocciosi, generalmente di forma irregolare, sono
anche detti pianetini per le loro dimensioni molto piccole, se paragonate a
quella dei pianeti e degli altri corpi celesti. Si pensa si siano formati
quando il sistema solare era molto giovane, quando iniziavano a formarsi le
prime aggregazioni di materia, dalle quali sono nati poi il Sole e i pianeti. Insomma,
gli asteroidi dovrebbero essere delle aggregazioni che non hanno avuto più un
seguito e sono rimaste intrappolate nei campi gravitazionali dei “loro
fratelli” più grandi, destinati a scontrarsi e cambiare spesso la loro forma e
il loro aspetto.  Esistono due grandi
categorie di asteroidi basate sulla loro provenienza: un gruppo di asteroidi,
si trova nello spazio tra Marte e Giove (fascia principale), un altro gruppo
numeroso si trova oltre Nettuno (fascia di Kuiper). Tutti questi oggetti, se
non catturati dal campo gravitazionale di qualche pianeta, che li
costringerebbe a cambiare il centro della loro orbita, orbitano intorno al Sole
e come le comete, di cui abbiamo parlato il mese scorso, possono intersecare
l’orbita terrestre e quindi passare nelle nostre vicinanze o addirittura
urtarci.

Esistono degli asteroidi che hanno delle orbite “pericolose”, che
periodicamente intersecano l’orbita terrestre ad una distanza inferiore di 7,5
milioni di km dalla Terra, ma astronomi e astrofisici li tengono in
osservazione e studiano da anni metodi per evitare uno scontro se mai si
rivelasse necessario. 

L’asteroide che in questo periodo fa tanto parlare di se si chiama
1998 OR2 (la seconda parte del nome per assonanza fa pensare un po’ ad uno dei
droidi di Star Wars) ed ha un diametro stimato che va da 1,8 a 4,1 Km, quindi
circa grande come l’isola di Ischia. Questo asteroide rientra nella categoria
di “asteroidi pericolosi”, il 29 aprile volerà a circa 6,1 milioni di km da
noi, ad una distanza che è circa 16 volte quella tra Terra e Luna.  A questa distanza è difficile che si
sentiranno gli effetti del suo passaggio, probabilmente, secondo gli esperti
dell’agenzia spaziale americana (NASA), non riusciremo neppure a vederlo senza
l’aiuto di un buon telescopio.  Pare che
avremo modo di salutarlo ancora a maggio del 2031, ma ad una distanza che sarà
il doppio di quella del prossimo fine mese.

Questi sorvoli ravvicinati (flybys) dunque serviranno solo agli
esperti per migliorare la stima dell’orbita di questa roccia spaziale e per
osservarla più da vicino. Noi in questo periodo così surreale dovremmo
accontentarci di osservare l’abbraccio virtuale che si scambiano Venere e Luna,
abbraccio al quale si uniranno, tra pochi giorni, anche Giove, Marte e Saturno.
Questi corpi celesti saranno ben visibili ad occhio nudo e potete aiutarvi a
individuarli scaricando sul vostro smartphone l’applicazione Mappa Stellare o
Google Sky Map. Mentre loro saranno costretti per sempre ad abbracciarsi solo
virtualmente noi “torneremo ad abbracciarci” da vicino e per vicino non
intendiamo di certo la distanza che ci separerà il 29 settembre da R2-D2…ah
no scusate, 1998 OR2. Che la forza sia con… sto sbagliando ancora, questa era
un’altra storia.

(Immagine creata componendo immagini recuperate dal web)